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Etiopia: Dopo Zenawi Quale Futuro per i Progetti Sulla Sicurezza Alimentare?

September 7, 2012
Source
Redattore Sociale

Con la scomparsa del primo ministro che ha governato per due decenni, il paese si interroga sulla prosecuzione delle sue controverse politiche agricole. Tra affrancamento di molti dal bisogno di assistenza e cessione delle terre alle multinazionali

NAIROBI – La scomparsa del primo ministro etiope Meles Zenawi influirà senza dubbio sulle politiche di sicurezza alimentare del paese. Durante i suoi due decenni al potere, Meles si è impegnato a mettere fine alla dipendenza dell’Etiopia dagli aiuti alimentari. Ha promosso l’auto-sufficienza alimentare ed ha combattuto la povertà rurale in un paese storicamente associato a siccità e stress ambientale. Al regime di Meles viene attribuito l’aver introdotto schemi progettati per proteggere i poveri come il Programma di Rete di Protezione Produttiva (Psnp), un Programma Sociale Pilota di Trasferimento del Denaro ed una borsa merci.

Fra il 1998 ed il 2012 il numero medio di Etiopi che avevano bisogno di assistenza alimentare oscillava fra i 3 e i 14 milioni. Sotto Meles, l’economia dell’Etiopia, di cui l’agricoltura genera il 45 per cento del pil ed il 90 per cento delle esportazioni, è diventata una delle economie con crescita più veloce al mondo. Il paese spende circa il 17 per cento del denaro pubblico nell’agricoltura, che dà lavoro all’85 per cento della popolazione. L’associazione stretta dell’Etiopia con i principali paesi occidentali ha fatto sì che l’Etiopia ricevesse fondi esterni considerevoli – è stata il quarto più grande beneficiario di aiuti umanitari ufficiali nel 2010 e nel 2009 ha ricevuto l’equivalente del 14 per cento del reddito lordo nazionale in aiuti.

La nazione è stata regolarmente presente fra i 10 maggiori beneficiari di aiuti umanitari dal 2000, secondo dati compilati dalla ong britannica Development Initiatives. “Ci sono altre nazioni africane che hanno piani solidi e dettagliati per assicurare cibo alle loro popolazioni nel lungo termine come il Ghana e le nazioni saheliane come il Niger, ma sfortunatamente non hanno attratto la stessa quantità di fondi che ha attirato l’Etiopia,” ha affermato Frederic Mousseau, un esperto di sicurezza alimentare e direttore delle politiche all’Istituto Oakland statunitense, un gruppo di esperti. 

Ci sono state almeno tre grandi siccità durante il mandato di Meles: 1999/2000, 2002/2003 e 2009/2012. Molti esperti di alimentazione considerarono la crisi del 1999/2000 una carestia in tutto e per tutto, ma presumibilmente Meles scelse di dare priorità alla guerra di confine con l’Eritrea. 

Il Guardian riferì che l’allora segretario statunitense per lo Sviluppo Internazionale Clare Short, dopo essere stato criticato per aver ridotto gli aiuti all’Etiopia, disse: “Non ritengo che nessuno in Gran Bretagna creda che dovremmo fornire assistenza a lungo termine ad un paese che anno dopo anno sta aumentando la spesa nelle armi”.

Circa 19.900 persone morirono nella sola zona di Gode, nella regione Somala dell’Etiopia, secondo un saggio di Stephen Devereux e Paul Howe, entrambi ricercatori all’Istituto per gli Studi sullo Sviluppo dell’Università del Sussex. 

Meles Zenawi ha sempre sottolineato il suo impegno nel rendere gli etiopi autosufficienti dal punto di vista alimentare, ha detto Eleni Gabre-Madhin, ex economista alla Banca Mondiale e direttore generale uscente della prima borsa merci del paese. Da questo è nata l’idea del Psnp nel 2004 – per rendere le famiglie sufficientemente sicure da essere in grado di produrre o comperare il proprio cibo. Il Psnp aveva lo scopo di fornire supporto all’insicurezza alimentare cronica delle famiglie per diversi mesi in forma di denaro o di cibo fino a cinque anni, sviluppando le loro capacità di ripresa e la capacità di resistere a traumi. Le famiglie sarebbero quindi state considerate autosufficienti e sarebbero uscite dal programma. “Non c’è dubbio che il Programma di Rete di Protezione Produttiva è stato un tentativo pionieristico di rimediare all’insicurezza alimentare che ha caratterizzato molte aree dell’Etiopia per lungo tempo,” ha affermato Daniel Maxwell, professore associato alla Scuola Friedman di Scienze e Politiche della Nutrizione dell’Università di Tufts negli Stati Uniti. “E’ stato un componente critico dello sforzo di ridurre la povertà cronica in Etiopia.”

Christopher Barrett, che insega economia applicata all’Università Cornell, ha dichiarato: “Quando il Corno d’Africa ha subito una terribile siccità lo scorso anno, non è stata l’Etiopia ad essere colpita dalla carestia. Il programma delle reti di sicurezza produttiva lanciato dal suo governo [di Meles] ha fatto tutto sommato un buon lavoro nel migliorare gli standard di vita per gli etiopi meno abbienti e viene studiato ed imitato da altri paesi nella regione. Anche se resta ancora molto da fare, il progresso in Etiopia durante il suo governo è tangibile e si spera che continuerà attraverso una transizione pacifica ad una nuova leadership.”

Tuttavia, i prezzi del cibo nel 2008 sono cresciuti oltre il punto di accessibilità per quelli iscritti nel programma Psnp e i numeri relativi agli aiuti alimentari si sono gonfiati. Uno dei difetti del Psnp era che le quantità di denaro offerte alla gente erano troppo esigue per aiutarli a non essere più dipendenti dal programma,” ha detto Mousseau. Ciò ha portato nel 2008 ad avviare un programma con lo scopo di aiutare i piccoli agricoltori ad accedere alle informazioni di mercato e portare venditori e compratori sotto lo stesso tetto. “Meles credeva che dovevamo essere trasparenti e non soddisfare nessuno dei ristretti interessi delle grandi aziende agricole commerciali,” ha detto Gabre-Madhin. Il centralino, che riguarda quattro prodotti – mais, caffè, sesamo e fagioli – fornisce informazioni di mercato in tempo reale agli agricoltori attraverso un servizio di messaggeria mobile ed un programma gratuito via telefono. 
Secondo Gabre-Madhin, la quota degli agricoltori sul prezzo finale di esportazioni del caffè è aumentata dal 35-38 per cento al 65-70 percento. Il governo ha respinto critiche sulle sue politiche di leasing delle terre su vasta scala – parte di un Piano di Crescita e Trasformazione di cinque anni – insistendo che milioni di dollari di investimenti stranieri includevano la creazione di posti di lavoro, il miglioramento delle competenze agricole interne e la riduzione sia della povertà che dell’insicurezza alimentare cronica nel paese. 

Ma secondo un saggio dell’Istituto Oakland, questa politica ha portato al trasferimento forzato delle comunità indigene nei villaggi nelle regioni di Gambella e Benishangul, dove era stato loro detto che sarebbero state loro insegnate nuove tecniche per la produzione del cibo. La loro terra viene affittata dal governo alle multinazionali dell’Arabia Saudita e dell’India. La ricerca dell’Istituto ha mostrato che più di tre milioni di ettari di terra sono stati affidati ad investitori. “In anni recenti, il regime di Meles ha spostato l’attenzione su grandi imprese commerciali a spese delle comunità locali ed anche della popolazione rurale della regione Afar,” ha affermato Mousseau. 
Questo ha spinto un economista etiope, Aklog Birara, che vive negli Stati Uniti a presentare una protesta presso il governo indiano nel maggio di quest’anno. “Oggi, l’Etiopia è un ‘grembo vuoto’. Milioni di ettari delle sue terre coltivabili più fertili e le acque ed i fiumi che danno loro nutrimento vengono dati via in uno schema che possiamo definire soltanto come ‘colonizzazione delle terre coltivabili su invito’. Le compagnie Indiane stanno subentrando per 25 fino a 99 anni di durata su invito del governo di Meles,” ha scritto. 
Dawit Alemu, un economista agricolo dell’Istituto Etiope per la Ricerca Agricola crede che la coltivazione commerciale abbia contribuito alla veloce crescita del paese. “Inoltre si stanno realizzando enormi progetti di irrigazione legati all’energia elettrica , che si ritiene possano assicurare sicurezza alimentare in un futuro molto prossimo.” Tali progetti tuttavia sono stati anche attaccati da attivisti che sostengono che questi minaccino i mezzi di sostentamento di migliaia di persone. “Ora la questione è se avremo una persona che assicurerà la realizzazione ed il compimento di tutti i progetti che sono stati avviati,” ha aggiunto Dawit. (Traduzione di Sara Marilungo)